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Un domani per i miei figli – di Paolo Zannini

Un domani per i miei figli – di Paolo Zannini

Opera realizzata e presentata al PhotoHappening-Simposio 2014
organizzato da CARPE DIEM di Sestri Levante.

Le fotografie sono state scattate al Galata, il Museo del mare di Genova.
La struttura pone i visitatori al centro di un viaggio nel tempo, partendo dall’epopea colombiana sino ai nostri giorni.
La zona dedicata all’emigrazione italiana e in particolare la ricostruzione del viaggio di migliaia d’italiani verso le Americhe tra 1800 e 1900, per scappare da fame e miseria, è molto coinvolgente.
Attraverso le ricostruzioni ambientali, i documenti scritti e le fotografie appaiono i dubbi, le paure e le sofferenze dei migranti. Emerge il grande coraggio, ma anche la grande speranza, che tutte le fatiche e i maltrattamenti subiti approdino ad un futuro migliore.
Inevitabilmente proseguendo con la visita, appaiono evidenti le analogie con le cronache quotidiane dei nuovi flussi migratori che sono sotto i nostri occhi.
Dai reperti mostrati nelle sale del museo, affiorano le storie di uomini, donne e bambini che scappano dal Sud del mondo da una situazione di difficoltà estrema, di pericolo e disperazione, alla ricerca di un porto sicuro, compiendo un viaggio terribile spesso in mano a personaggi senza scrupoli.
Tutto si racconta ascoltando le voci, i racconti di chi è sopravvissuto, osservando gli oggetti che sono rimasti sulle misere imbarcazioni utilizzate per il viaggio o sulle spiagge dopo lo sbarco.
Ricordando il 3 ottobre 2013 quando un’imbarcazione carica di migranti naufragò a poche miglia dall’Isola di Pantelleria causando 366 morti, non mi è rimasto che provare a raccontare questa via crucis attraverso i segni, le immagini, gli oggetti, per non dimenticare le vite di quanti si mettono in mare per dare un futuro ai propri figli.

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2 commenti

  1. “Un domani per i miei figli”, di Paolo Zannini, è un’opera animata da un’idea concettuale per aver elaborato un pensiero umanitario con delle rappresentazioni museali.
    Il “Museo del mare”, location del PhotoHappening 2014, ha fornito all’autore documentazioni e segni simbolici dell’emigrazione italiana del passato e del fenomeno migratorio contemporaneo.
    L’autore ha colto, tra queste storie del passato e di oggi, una costante: dare un futuro ai propri figli. Da questo concetto ha costruito il proprio portfolio dando rilievo alle vicende di nuclei famigliari dove i ragazzi sono in evidenza.
    La scelta di connotare con un effetto di mosso da zoom le immagini del passato ha generato un chiaro tratto dominante che emerge vivo dalla notte del tempo.
    Le immagini contemporanee a colori conferiscono realismo alla rappresentazione, mentre quelle sfocate caricano di evocazione il dramma che documentano.
    Complimenti a Paolo Zannini per il bel percorso mentale che ha costruito con la sua sequenza che ci porta ad azzerare il tempo e pone in primo piano che il problema dell’emigrazione, sia nel passato che nell’attualità, è sempre quello di dare un domani ai propri figli.

  2. Apprezzo l’accostamento tra le storie migratorie di cento anni fa e quelle a noi contemporanee.
    Altrove il razzismo ignora che, prima di queste povere genti, i nostri nonni e emigrarono per lavorare in America e nelle miniere di carbone della Germania e del Belgio, per pochi soldi, a rischio di silicosi; spesso trattati con lo stesso disprezzo razzista che ora noi riserviamo ai profughi che arrivano dall’Africa, e talvolta perfino simile con quello spegevolmente usato sugli ebrei nell’Olocausto.
    Tuttavia i nostri nonni non erano minacciati da stragi e stupri di massa, ma “solo” dalla fame, dalla volontà di dare un futuro ai propri figli.
    Non mi piace l’uso (abuso) della zoomata per significare il passare del tempo – ormai è una moda – quando questo è già raffigurato dai tipici manifesti acquerellati dell’epoca, dai vestiti, dalle foto in B/N, dagli uomini col cappello, dalla grafia col pennino sui registri e nelle lettere; dalle casse, dai cesti, dalle eloquenti e, queste si iconografiche – valigie di cartone.
    Significativa è la differenza (spero voluta) tra la definizione delle foto che si riferiscono al passato e la sfocatura e l’indeterminazione di quelle che rappresentano il presente. Un contrasto che viene a raffigurare drammi che al presente avvengono nell’anonimato e nell’indifferenza più assoluta; ammantati da un mistero che nessuno avrà mai interesse a svelare; mentre ogni morte di questo genere è una sconfitta per la civiltà e l’umanità intera.
    Eccellente è la scenografia (il mosso questo sì positivo) delle immagini tra le onde; una vita che svanisce, un appoggio che non si riesce a trovare. Eloquente è l’immagine delle povere cose che ora giacciono sulla sabbia, mute ed indifferenti testimonianze di storie che “avrebbero potuto essere”; di aspettative deluse, svanite tragicamente in pochi istanti feroci. Efficace è la presenza del ciuccio, a simboleggiare un progresso che tocca solo marginalmente alcuni luoghi della terra.
    Nell’insieme il lavoro è chiaramente positivo ed elogiabile.
    Complimenti all’autore.

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