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In un mare di solitudine – di Paolo Ferrari

Ho voluto creare
una rappresentazione metaforica
delle situazioni vissute da ogni persona
nella propria quotidianità…
in un mare di solitudine.

 
 
 
 

 In un mare di solitudine – di Paolo Ferrari

 

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11 commenti

  1. “In un mare di solitudine”, di Paolo Ferrari, è un’opera animata da un’idea narrativa artistica per aver rappresentato con immagini un sentimento.
    L’opera si presenta con un forte impatto estetico dovuto al rigoroso concept formale che trova nella costante posizione della linea dell’orizzonte un elemento decisivo per legare tra loro le immagini.
    Altro elemento del concept è la presenza di un solo oggetto, o genere di oggetto, perché con questa essenzialità esso viene elevato a simbolo.
    Non cercate una trama nelle immagini che dalla prima, con la palla, si chiudono con l’ultima dove il mare fa da sfondo a un’assenza.
    L’autore consapevolmente ha articolato un linguaggio metaforico, ovvero è ricorso a immagini che attraverso gli elementi mostrati ci consentono di porre in atto nella nostra mente la magia che trasforma il concreto nell’astratto di un sentimento.
    La scelta del profilo colore è complice, con l’atmosfera rarefatta, nello stimolare il passare dal vedere al sentire.
    Il significato si regge sullo stato di cose, mostrato nelle immagini: il mare che si succede nel suo agitarsi ma assolutamente immutato porta alla monotonia della quotidianità, le cose diventano “oggetti trovati” nelle immagini che sono lasciati al senso che ogni lettore potrà dare loro.
    Complimenti a Paolo Ferrari per aver compreso il significato di opera, per il sentito e la brillante progettualità con la quale ha ideato le immagini che lo comunicano.

  2. Oggetti inutilizzati, l’assenza umana conferma l’immutabilità del tempo che scorre.
    Più che della solitudine, direi che la metafora si scopre nello stato d’impotenza che abbiamo difronte allo trascorrere imperturbabile del tempo.
    Non riesco tuttavia ad abbandonarmi al concetto cercato dall’autore, inciampo un po’ in questi oggetti e, probabilmente, nella ricercatezza estetica, a mio avviso eccessiva.

  3. Ringrazio infinitamente il Direttore per la publicazione. Per me è davvero un onore aver avuto questa visibilità.
    Cordiali saluti
    Paolo Ferrari

  4. Più leggo parole che parlano di fotografie è maggiore è si fa la distanza tra i codici propri dell’immagine e quelli del testo scritto. Due mondi agli antipodi, due modi di raccontare che stanno in due diversi poli. La spiaggia d’inverno è sempre solitudine se confrontata con la moltitudine dell’estate; le cose restate non sono dimenticate e abbandonate, ma semplicemente inutilizzate. Questa sensazione di attesa sospesa e mal resa se prevale nella ricerca dell’autore solo la freddezza del formalismo. Geometrico, centrato, bilanciato, equilibrato. Non è il mare la solitudine ma in chi l’ha ricercata con una frase azzeccata e una foto sbagliata.

    1. Caro Maurizio, non è mia abitudine intervenire sui commenti ma su questa serie che tu hai fatto di critica negativa su diverse opere è necessario che io ricordi a tutti i principi che rendono possible la condivisione delle nostre opere fotografiche:
      – Quando un lavoro è coerente è un’opera, e come tale va rispettata. Un’opera può piacere o non piacere ma qui si entra nell’ambito soggettivo e ognuno può avere il proprio parere.
      – Non è corretto criticare un’estetica dell’altro perché ognuno ha diritto di esprimersi e di farlo ad ogni livello del proprio percorso anche con le sue imperfezioni.
      – Non è corretto criticare idee o addirittura sentimenti perché non sono come i nostri, perché la libertà altrui va rispettata.
      – Su Agorà Di Cult nessuno presenta i propri lavori perché ritiene esemplari ma lo fa molto spesso con timori perché sente i propri limiti, facciamo in modo che la critica sia rispettosa dell’alterità e costruttiva.
      Se non ci piace un lavoro invece di attaccarlo con la parola, facciamo vedere come si fa secondo noi presentando un’opera, questo sarà il miglior modo per dire la nostra rispettando l’espressione degli altri.

  5. La fotografia amatoriale all’interno del cerchio o su di una retta che tende all’indefinito?
    Certamente Direttore, concordo pienamente con quanto hai scritto. Al tuo posto avrei fatto la stessa cosa.
    I miei pochi commenti sono sempre ipercritici e poco rispettosi per gli autori che non conosco ma con cui mi identifico, ma per tutti i portfolio non commentati dal sottoscritto (che sono la maggioranza) significa che concordo con le considerazioni positive di chi li ha recensiti. Oppure in alcuni casi i lavori mostrati nel blog mi hanno lasciato del tutto indifferente, certo per miei limiti e non per altri motivi.
    Scrivo di getto con evidenti errori di battitura e scrittura, potrei usare un correttore, un word processor, ma mi sembrerebbe di finire per abbellire (o pettinare le bambole) solo la prosa modificandone la sostanza. Scrivo con la presunzione di fare solo letteratura di bassa qualità, non ho la pretesa di fare critica fotografica e/o lettura d’immagine, uso le parole a grappoli che sono cosa diversa delle fotografie in serie in visione. Sono consapevole che le une possono fare a meno delle altre. Purtroppo mi sono stancato di una uniformità nelle scelte editoriali presenti sul sito Fiaf e nei suoi sotto settori, dove prevale il dolore a l’estetica, sempre uguali a se stesse. Navigando tra le pagine dove vengono presentate e recensite fotografie, portfolio e audiovisivi mi sembra di vivere all’interno di un cerchio, lo percorro e mi ritrovo dopo qualche tempo allo stesso punto di partenza. Ci piace fare le stesse medesime cose perché le ri-conosciamo. Sento la necessità di spezzare il cerchio chiuso e di trasformalo in una retta, di percorrere questa senza sapere in che punto mi porterà e in che punto sono ora, ma devo avere la consapevolezza che mi muovo, che avanzo. Non sono abituato a replicare ma questa è una opportunità di usare le parole anche per ri-conoscersi.

  6. “In un mare di solitudine”, il portfolio presentato da Paolo Ferrari, si presenta come un lavoro di tipo concettuale sul vissuto quotidiano delle persone ed è estremamente rigoroso nella costruzione compositiva , nel rispetto dei valori tonali e nella ricerca estetica. Tuttavia , concordo con Isabella Tholozan, la ricerca estetica finisce con il prevalere sul valore concettuale, risultando alla fine un po’ stucchevole e leziosa pur nella sua essenzialità (uno strano paradosso…)

  7. L’autore ha espressamente utilizzato un linguaggio metaforico, ricreando la quotidianità di un’abitazione in un luogo assai diverso. A mio parere è riuscito molto bene nel suo intento.
    Il fatto della troppa “estetica” presente nelle immagini è sicuramente legata al “carattere” dell’autore quindi ad un suo modo di essere e di vivere le cose anche di tutti i giorni.
    Complimenti.

  8. Un mare di solitudine …queste immagini rigorosamente composte e ragionate mi fanno pensare alla forza e alla persistenza nei millenni della Natura, che pur con le sue trasformazioni si perpetua giorno dopo giorno, mentre l’uomo passa nella scena di questo mondo. Per quanto ci diamo da fare, su ogni versante ed in ogni nostra attività, siamo destinati tuttavia a dissolverci nel tempo, almeno fisicamente. Resta quindi la solitudine dell’assenza, una solitudine grande come il mare quando una persona cara ci lascia e di lei ci restano solo oggetti che diventano da significanti a insignificanti ed inutili…

  9. ADORO QUESTA ESTETICA STUCCHEVOLE… SE COSì VIENE DEFINITA; MAGARI POTESSE ALMENO FAR SAGGIARE UN PO’DI POESIA, A CHI NON RIESCE A VEDERE “AHIMè” UN VALORE ARTISTICO, UNO SPESSORE CONCETTUALE…UN INCREDIBILE “ALLURE” METAFORICO-FOTOGRAFICO, TRATTO DISTINTIVO DI UN POTENTE PAOLO FERRARI.
    ALLA SCOPERTA DI NUOVI MODI DI GUARDARE E DI SENTIRE..EVVIVA LO SGUARDO “IMPERTINENTE” CHE VA OLTRE COMUNQUE.

    1. Cara Roberta, penso che il vero valore di Agorà stia nel poter esprimere liberamente le proprie idee, naturalmente nel rispetto dell’opera altrui. Questo è quello che credo di avere fatto io con educazione e moderazione,cosa che , credo, abbia apprezzato anche Paolo Ferrari. Buona luce a tutti.

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