CAPOLINEA – Elaborazione del concept 06
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CAPOLINEA – Elaborazione del concept 06
LAB Di Cult 016 FIAF, Capolinea
Coordinatore: Massimo Bardelli
Sostantivo maschile: stazione o fermata terminale di un servizio di trasporto.
In senso figurato: giungere al termine di qualcosa.
Artisticamente, il capolinea ha tutti i requisiti di uno spazio dell’anima e invita a qualche riflessione, supportata da riferimenti letterari, storici, cronachistici.
1 – In un capolinea si può tornare indietro, ma per proseguire, o comunque muoversi, si deve cambiare mezzo, o anche andare a piedi. Luogo di cambiamento, perciò, obbligatorio. Questo può essere rifiutato, ma l’unica alternativa, spesso impraticabile, è il ritorno alla situazione precedente. Cambiamento che può essere catastrofico e tragico, non soltanto ottimistico e graduale.
2 – Non-luogo: tutti arrivano e partono; tendenzialmente nessuna stanzialità, come già sottolineato da Silvano Bicocchi. Relazioni umane peculiari, caratterizzate dal “tanto non mi conosce nessuno” e dal “non rivedrò più nessuno”. Esibizione possibile, anche se non obbligatoria, di aspetti inconsueti o segreti di se stessi, proprio perché di fronte ad estranei che si presume tali resteranno: quindi libertà dalle convenzioni abituali.
3 – Possibile non-luogo spazio-temporale, spesso mitizzazione della memoria identitaria, sia di gruppo, come nel caso dei profughi che mitizzano il campo di raccolta e dei compagni di scuola che mitizzano l’ultimo esame, sia individuale, come, in letteratura, fa Montale in per esempio in La casa dei doganieri.
4 – Capolinea esistenziale sia della coscienza individuale come espressione di quella dell’intera umanità – come ancora Montale in La casa sul mare – sia dell’Uomo come specie all’interno dell’ordine naturale – stavolta Giorgio Caproni, L’idrometra.
5 – In ambito storico, limite temporale di cicli epocali, come anche limite fisico terminale di vicende collettive: valgano d’esempio i campi di concentramento, di ieri e di oggi, o i diversi esodi, di ieri e di oggi.
6 – Particolare “topos” all’interno del concetto di “confine”. Il terminale di una linea di comunicazione può trovarsi ad essere l’ultima stazione di una determinata identità, e già all’interno di un territorio alieno, e perciò stesso, e per la sua natura di non-luogo – come abbiamo detto, libero dall’obbedienza alle convenzioni abituali – deputato al colloquio, all’incontro, allo scambio, allo scontro, ed al cambiamento cui già s’è fatto cenno. Quindi: crocevia di identità, non necessariamente pacifico. In ambito storico o antropologico, inoltre, il capolinea, quando divenga luogo di incontro, può divenire sede di stanzialità, precaria ma non per questo meno durevole, comunque sempre umanamente intensissima, come la storia ci ha mostrato lungo i secoli fino alla cronaca contemporanea.
7 – Capolinea di una vicenda umana – pubblica, privata, affettiva – come anche fine di una vita.
8 – Capolinea come scena fisica della vita quotidianamente reale di miliardi di esseri umani, ognuno dei quali finisce con l’avere con la struttura una specifica relazione emozionale.
9 – Sede della scansione di tempi sempre uguali e di azioni cicliche, il capolinea possiede una sua autonoma identità materiale e sensoriale: vuoto, pieno, linee, masse, movimento, stasi, silenzio, rumore, luce, buio …
Vito M. Carfì
Cambia Laboratorio e cambia lo stile della condivisione in base alla mentalità dei partecipanti.
L’elaborazione del concept del LAB Di Cult 016 FIAF è analitico nel testo e incentrato sul lavoro di studio delle opere in corso di realizzazione, con la modalità, molto pratica, delle immagini sul tavolo attorniato dai partecipanti.
Si ascolta l’autore, si guardano le immagini, tutti si sentono chiamati a dare un contributo. E’ proprio questo il momento alto del Laboratorio dove c’è lettura di ciò che l’autore ha realizzato nelle immagini dando forma alle sue intenzioni.
E’ il momento magico del passaggio dal progetto letterario alla concreta opera fotografica.
E’ il momento dove l’autore dalle immagini capisce cosa veramente sta cercando, perché si inizia dal pensiero ma poi le immagini rivelano molto di più del suo orientamento intimo.
Sta proprio nel riconoscere l’opera nelle immagini, anche modificando l’idea letteraria iniziale, che l’autore potrà anche scoprire qualcosa di sé stesso che ancora non conosceva.
Un percorso condiviso. L’idea perfetta di cosa sia un laboratorio. E’ proprio nello scambio di idee e pensieri che si raggiunge la massima profondità.
Grazie per le riflessioni utilissime anche agli altri laboratori.
Buon lavoro a tutti
Orietta Bay
E’ bello vedere come lavorano i laboratori !!
il confronto la condivisione progettuale porterà a grandi risultati!!
Ci si vede presto alle prime esposizioni !
GIGI
Accipicchia, leggo altri concept sul tema di CAPOLINEA.
Dovremmo scrivere un trattato! Ovviamente accompagnate dalle nostre fotografie.
Cambiano i luoghi, ma le modalità sono le stesse.
Mi ci sono ritrovato, a leggere discutere condividere.
Bene!
Il Grandangolo ha già inaugurato, ha avuto occasione di visionare i progetti degli amici di Mantova e di Boretto. Ma voglio vedere anche i lavori degli altri Laboratori.
Sbirciando fra le immagini qui proposte, mi viene da sussurrare: le voglio vedere!
A presto.
Ciao, Danilo, Grandangolo Carpi.