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Lune di ghiaccio – di Simona Bertarelli

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Nel febbraio 2015 una nevicata atipica toglie corrente elettrica ed acqua a diversi comuni del basso Bolognese.
Quando la natura ci costringe al silenzioso confronto con noi stessi, siamo costretti ad ascoltare e ascoltarci.
Ed io, in quanto individuo, mi riscopro mutevole come la luna e fragile come il ghiaccio.
Simona Bertarelli
 

Lune di ghiaccio

 di Simona Bertarelli

 

 

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5 commenti

  1. “Lune di ghiaccio”, di Simona Bertarelli, è un’opera animata da un’idea narrativa artistica per aver rappresentato un proprio stato d’animo con una sequenza fotografica introspettiva.
    Quando il fotografo scopre il proprio volto interiore attraverso l’immagine tecnica allora sente tutta la magia del fotografico.
    I cani sono giocosi compagni di strada dell’autrice in questa passeggiata nella campagna innevata e la fotografia diventa lo specchio magico che mostra due autoritratti tanto improbabili quanto rivelatori dell’indicibile.
    Come racconta l’autrice è l’interrompersi del rumore quotidiano che fa scivolare il mondo indietro nel tempo a contatto con altri ritmi silenzi.
    Lo spaesamento di questa condizione può condurre alla scoperta del Sé, arrivando fino sulla soglia del sentire il mistero della propria esistenza.
    Complimenti a Simona Bertarelli perché con poche scarne metafore fotografiche ci sconvolge in un percorso metafisico: i silenziosi messaggi dell’anima non si possono spiegare, si possono solo condividere… con chi riesce a vederli.

  2. Un bellissimo lavoro fatto a pochi passi da casa, pochi quanti gli elementi fotografati. Uno stato d’animo in un racconto senza confini (se non quelli interiori) di grande forza emotiva. Ringrazio l’autrice per avere condiviso questo bianco silenzioso spazio, oggi ce n’è davvero bisogno!

  3. Il lavoro introspettivo di Simona Bertarelli suscita inquietudine e trasmette, con la sua forza evocativa , il senso di freddo presente in quel momento. L’effimera caducità della natura umana nei confronti della natura, è ben resa dalle dissolvenze presenti in numerose immagini e il bianco e nero plumbeo contribuisce ad aumentare il senso di smarrimento nell’osservatore, come quell’ultimo sguardo/non sguardo che ti trapassa l’anima. Un bellissimo lavoro composto da pochi elementi ma efficacissimo. complimenti all’autrice

  4. Ho trovato questo testo in rete di Camilla Urso photowriter (ma che bel termine), credo si possa abbinare perfettamente alle foto, io non ho capito molto sul significato del testo ma tantissimo del senso contenute nelle fotografie Lune di ghiaccio.
    La costruzione e la condivisione dello spazio-immagine diventano concrete nell’autoritratto mediante cavalletto ed autoscatto, che consente di emanciparci dalla delega all’altro dello scatto e di entrare fisicamente entrambi nella fotografia.
    La fotografia diventa un autoritratto della relazione: uno spazio-immagine che ospita la relazione tra due e che permette di sperimentare e attualizzare in maniera dinamica le modalità con cui ci relazioniamo con il mondo.
    Ognuno si concede la possibilità di muoversi rispetto all’altro, di negoziare e ridefinire i propri confini attraversando e gestendo uno spazio creativo condiviso.
    Legittimando l’altro ad essere incluso nella fotografia legittimiamo la presenza di parti di noi e della nostra storia che prima non erano visibili. Dare spazio all’altro non è rinunciare al proprio ma diventa allargare la propria inquadratura esistenziale fino a visualizzare e contenere nuovi dettagli della propria trama narrativa.
    Quest’esperienza di attraversamento e ridefinizione dello spazio consente di dilatare i propri confini e dunque la superficie di contatto con il proprio mondo interiore e con quello esterno

  5. Interessante il commento di Maurizio!
    Simona non è nuova a questo approccio e, credo, sia per Lei un buon modo per raccontare.
    In effetti il nostro corpo occupa e condivide spazio, l’essere rappresentato attraverso l’obbiettivo fotografico fa si che si riescano ad esprimere tante gamme di sensazioni e sentimenti.
    Sono certa che la scelta di trasformare queste immagini in portfolio sia nata proprio dalla reazione emotiva che l’autrice ha avuto nell’osservarle per la prima volta.
    Perché a volte è così che ci sentiamo: un corpo infreddolito in uno spazio bianco di neve.
    E’ una condivisione che trova la giusta collocazione attraverso la forbice felicità/infelicità.

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