Gabriele Basilico
Ci ha lasciato Gabriele Basilico, Maestro della Fotografia Italiana, grandissimo interprete della fotografia di paesaggio urbano.
Di lui vogliamo ricordare il rigore professionale, intellettuale, morale.
Alla moglie Giovanna Calvenzi e a quanti l’ hanno conosciuto e gli hanno voluto bene, porgiamo il nostro più sentito cordoglio.
Claudio Pastrone
Presidente FIAF
Un modo che ritengo importante per ricordare Gabriele Basilico è quello di riascoltarlo, per ricominciare un nuovo rapporto con lui, attraverso i segni che ha lasciato col suo operare.
Il momento del mutamento della propria visione fotografica è probabilmente tra i più rivelatori nell’ esperienza del fotografo, perché in esso viene alla luce ciò che normalmente è nascosto nelle personali assolute convinzioni.
La Mission Photographique de la DATAR (1984 – 1988) fu un progetto fondamentale per Gabriele Basilico che diede una svolta decisiva del suo rapporto con la fotografia:
… << Quei luoghi nord Europa, con il mare burrascoso, i cieli profondi, le nubi pesanti, con la pioggia insistente, il vento, il sole e la luce che cambiava continuamente, mi hanno spalancato una porta verso una nuova, grandiosa visione del paesaggio. Era il paesaggio di pittori come il Canaletto e il Bellotto, o come i Fiamminghi… Artisti descrittivi e apparentemente puntigliosi, che tuttavia mi avevano fatto ben intuire come quel frammento di mondo minuziosamente dipinto andasse molto oltre, superasse i bordi del quadro per espandersi verso altri orizzonti, forse addirittura verso il mondo intero. Credo di poter dire oggi che ci siano due nuovi concetti che da allora sono diventati emblematici del mio rinnovato alfabeto fotografico: il senso dell’infinito come oggetto, come spazio osservato, che sta fuori e al di là della macchina fotografica, e che io non avevo mai rappresentato prima, e la pratica della contemplazione, che induceva uno sguardo lungo, uno sguardo iperanalitico che, per vedere e rappresentare quello che mi stava davanti, aveva bisogno di un tempo dilatatissimo. Ho scoperto “la lentezza dello sguardo”. Uno sguardo lento, come era stato per Atget o Walker Evans, uno sguardo che mette a fuoco ogni cosa, che porta a cogliere tutti i particolari, a leggere la realtà in un modo assolutamente diretto: quindi il grande formato, il cavalletto, un ritmo rallentato, la luce così com’è, senza filtri, guardare e basta. In contemplazione davanti a questa meraviglia della natura ricca e mutevole. La fotografia rischia persino di essere qualcosa di estraneo, che infastidisce, ma che si usa perché è l’unico mezzo possibile per raccontare ad altri quello che si prova, si vede e si comprende. E in questo senso è anche un documento: di quello che si è visto. C’è un’immagine che racconta perfettamente queste sensazioni e queste percezioni, ed è un paesaggio di Le Tréport che ho fotografato nel 1985. Nella mia esperienza sul campo è stato un passaggio senz’altro importante, direi persino cruciale. Penso che dopo quella ripresa fotografica in quel luogo, in quel momento, molte cose siano cambiate, e in particolare il mio rapporto con il paesaggio. In quella fotografia c’è un processo di sintesi massima, è una fotografia ideale perché rimanda al luogo nella sua interezza e globalità.>> …
brano tratto da “Architetture, città, visioni – Riflessioni sulla fotografia” di Gabriele Basilico, a cura di Andrea Lissoni – Ed. Bruno Mondadori
Silvano Bicocchi
Direttore del Dipartimento Cultura FIAF
Altri contributi successivi alla prima pubblicazione
1) Riceviamo oggi 19/02/2013 questo prezioso contributo di Cesare Colombo (MFI) che pubblichiamo con molto piacere:
Gabriele Basilico ( 1944 ) è studente di architettura al Politecnico di Milano nel 1968 e negli anni seguenti.
La fotografia sociale, negli anni 70 ( ben illustrata dalla recente mostra del Comune di Milano a Palazzo Reale ) è contraddistinta da una ossessiva lettura militante degli avvenimenti e delle manifestazioni
Nella coppia ‘politica’ formata da Giovanna Calvenzi e Gabriele ( che si sono conosciuti quando Gabriele ha 19 anni, nel 63 ) è la prima la più impegnata. Si sposeranno nel 74. Dunque un sodalizio di 50 anni esatti.
Io ricordo ( ma avevo nove anni più di Gabriele ) le discussioni sulla scelta dei ‘soggetti’ della fotografia politica. Avevamo concluso che non avesse più senso riprendere le manifestazioni in modo propagandistico, e trionfalistico. ….. ma che dovevamo rivolgere gli obiettivi verso il cuore dei problemi che le manifestazioni affrontavano.
Così Gabriele – alla fine degli anni 70 – passa dal racconto delle mobilitazioni collettive al racconto complessivo della sua città : un deposito visivo di storia, problemi, contraddizioni
I ‘ Ritratti di fabbrica ‘ non possono nascere se non da una consapevolezza sociale. Rivedendo i suoi provini ( Nikon 35 mm ) troviamo oltre alle fabbriche anche famiglie, artigiani, bambini che giocano. La difficoltà vera sembrava quella di affidare ad una descrizione ottica istantanea, il racconto di un lungo percorso nel tempo. Come aveva intuito Goethe in realtà noi vediamo ( oggi, quindi, fotografiamo ) ciò che sappiamo… e forse ciò che prevediamo
Subito dopo – divenuto professionista a tempo pieno – Gabriele rinuncerà a fotografare le singole case, le ‘abitazioni per gli architetti’. Non gli interessa estetizzare i singoli corpi edilizi, che apparirebbero avulsi dall’ ambiente circostante…. fatto di altri spazi, e di traffico, arredi urbani, di cittadini in movimento. Non crede più alla prospettiva di un volume isolato, pura gratificazione per il progettista.
La città sarà dagli anni 80, per il suo sguardo, il contenitore dei volumi edilizi e delle condizioni sociali. Anche se Gabriele sceglie di non rappresentare direttamente queste ultime. Ma essere restano dietro e tra i quartieri, e sullo sfondo delle distese panoramiche. Anche qui noi leggiamo quel che sappiamo, oltre il perfetto momento descrittivo di Roma, Genova, Mantova, San Francisco, Mosca, Berlino.
E qui in realtà il sodalizio con Giovanna – che per altro lavora come foto editor per la stampa periodica e come curatrice di archivi – diventa essenziale. E’ risaputo : dietro ogni grande fotografo c’è un grande – o una grande – editor. Mentre Gabriele punta in modo infallibile ed autonomo il suo obiettivo.,Giovanna gliene propone la lettura critica, la presenta e la teorizza per lui in modo essenziale…. restando sempre nell’ ombra.
Ieri abbiamo visto Giovanna ricevere gli amici , nello studio, a fianco del feretro del suo compagno, disteso in mezzo ai grandi pannelli delle sue opere. Era un sonno, ci appariva come un sogno simbolico, quello di Gabriele. Noi qui stasera vogliamo abbracciare Giovanna, mentre diamo il nostro ultimo addio a Gabriele. E tuttavia sappiamo che le è affidata una grande eredità culturale, e storica, oltre che affettiva. Ed una enorme responsabilità. Se l’ archivio di Gabriele Basilico è vastissimo, appare tuttavia semplice e aperto. Con il grande formato, con le pose sul treppiede non si fanno scatti multipli o continui. Ed è interessante l’ incrocio di tecnologie tra le matrici negative su pellicola e le stampe perfette in digitale. Ma proprio perchè il suo archivio è chiaro, la decifrazione dell’ opera di Gabriele si farà col tempo sempre più complessa. Ci saranno letture parallele delle sue citta’, riflessioni sul continuo mutare dei tessuti urbani. La sua memoria – oggi contemporanea – diventerà presto il passato turbinoso del nostro urbanesimo, da valutare criticamente. Sull’ archivio aperto di Gabriele Basilico, assieme a Giovanna Calvenzi, potranno chinarsi in liberta’ altre generazioni di osservatori. Da studiosi, da spettatori, potranno forse trasformarsi in una schiera di possibili nuovi autori … o per meglio dire di co-autori, a partire dalla sua opera memorabile..
Cesare Colombo
Io ho visto e ascoltato Gabriele Basilico a maggio dell’anno scorso, al Congresso di Garda, quando fu insignito dell’Onorificenza MFI (Maestro della Fotografia Italiana). Nel breve discorso da lui tenuto in quell’occasione, ne conobbi anche lo spessore umano nel mostrarsi fotografo tra appassionati fotografi, sinceramente grato per l’Onorificenza ricevuta e prodigo di complimenti per il mondo dei fotografi della FIAF.
Lo ricordo negli anni ’70, con il suo primo lavoro sulle “balere”, quando era un giovane fotografo come tanti di noi alla ricerca del proprio percorso.
Ricordo il grande effetto che ci fece la sua partecipazione come unico fotografo italiano al progetto DATAR, con la sua fotografia Le Tréport ci fece sognare la Grande Fotografia.
Grazie infinite Gabriele, noi studieremo la tua opera con passione!
Proprio ieri sera avevo registrato sul canale Sky Art una trasmissione dedicata a Gabriele Basilico. L’ ho vista con la stessa eccitazione con cui un bambino mangia un gelato. Nonostante io fotografi da più di 40 anni, in quella mezz’ ora ho imparato tante cose sulla Fotografia che mi hanno lasciato senza fiato ed ho ammirato il pensiero e lo stile di Gabriele sulla Fotografia. Sono rimasto affascinato dalla passione con cui spiegava i suoi lavori e le sue opere di architettura urbana. Ora sono sgomento per la notizia della sua scomparsa….non mi sembra vero …com’ è strana la vita !! Grazie Gabriele per le tue opere e per le Emozioni che ci hai donato ! Sei un Grande !!!
Massimo Vannozzi
Il Presidente Antonio Baleani e il direttivo del Fotocineclub di Recanati (Marche) venerdì scorso ha voluto rendere omaggio a Gabriele Basilico dedicandogli la serata; lo ha voluto ricordare attraverso la visione dei suoi lavori e delle sue interviste.
Un sentito cordoglio alla famiglia anche da parte mia.
L’ho incontrato a novembre, in occasione della presentazione del suo libro “leggere le fotografie” a Milano nella favolosa cornice del Castello Sforzesco. Già conoscevo lo stato di salute e gli dissi forza e auguri, lui mi guardo tristemente, ma poi accennò ad un sorriso di sfida di chi non si rassegna e vuole continuare a lottare. Come ha ricordato Claudio Pastrone, la sua filosofia di fotografia lenta che raccoglie in modo preciso e geometrico il passaggio e come l’uomo ha trasformato lo spazio. Ma non possiamo dimenticare anche la sua sperimentazione sull’interazione tra forma, materiali e funzione d’uso degli anni settanta. In tutti gli incontri ho imparato qualche cosa di nuovo che ha cambiato profondamente il mio rapporto con il paesaggio ed il modo di vedere l’architettura urbana.
Ciao Gabriele e grazie.
E ci si augura che d’ora in poi Agorà, invece di perder tempo in sterili alzate di scudo, dedichi ai fotografi che per un verso o l’altro han fatto la “Storia” della fotografia, almeno quella italiota, la giusta attenzione e non li riesumi, casomai, post mortem. Così almeno i tanti novelli fotografi con un senso più rispettoso, e meno irriverente, avranno di che confrontarsi ancora prima dei liberi commenti. Infatti, se per scrivere bisogna quanto meno leggere e molto, figurarsi il fotografare.
Ti ricordo che i contenuti dei Post di Agorà Di Cult non sono scelti dalla Direzione ma dagli iscritti con i loro progetti. Pertanto che ha idee si faccia avanti.
Profondamente colpita dalla scomparsa di un Grande della Fotografia, che ci ha emozionato con le sue opere, anch’io porgo le più sentite condoglianze alla sua famiglia e a quanti lo hanno amato e conosciuto.
Rosella Centanni
L’opera figurativa di Gabriele Basilico è come la musica di Mozart: non c’è mai nulla di superfluo.
Accostare le fotografie di Gabriele Basilico alla musica di Mozart, anche se può sembrare un tantino audace, non credo sia però completamente fuori luogo.
Gabriele, infatti, si richiamava ai vedutisti classici(Watkins, Jackson, O’Sullivan, Adams)dai quali si distaccava per una visione sensibile e inquieta del tutto contemporanea.
Ernesto Fantozzi
C’è qualcuno che riesce a reperire l’articolo, forse Reflex, dove un noto stampatore che, pure questo neanche si ricorda, spiegava per filo e segno proprio la fotografia con tanto di zone “bruciate” e protette per far uscire se non un capolavoro almeno l’immagine che qui è altamente drammatica: a me ha sempre dato l’impressione della “fatal quiete”.
Arte, Gabriele Basilico: un legame stretto con Modena
„ Il grande fotografo teneva nel giugno 2012 workshop di fotografia nella nostra città di Modena .
Lo spazio urbano si evolve costantemente, può essere amato e valorizzato o subire ferite che non sempre si cicatrizzano perfettamente. La città ha un volto e la fotografia può leggerne le espressioni o i mutamenti, decifrarne i segni lasciati dal tempo. Questo insegnava ai giovani ai quali era sempre molto generoso nel dare i suoi insegnamenti.
solo due parole:Grande commozione:-((
Vi segnalo d’aver pubblicato un intenso contributo inviatoci da Cesare Colombo (MFI). Cesare con la sua testimonianza ci permette di partecipare intimamente all’atmosfera creatasi a Milano tra gli amici di Gabriele Basilico. Vi raccomando di non perderlo!