Il Cantiere, Forlì, ENAV Academy 2013 – di Cristina Paglionico
Il Cantiere, Forlì, ENAV Academy 2013 – di Cristina Paglionico
Opera esposta nel mese di aprile alla mostra del progetto fotografico “Viaggio in Romagna” promosso dall’Associazione TANK di Forlì.
Passo in cantiere una buona parte della mia vita professionale. Non mi abbandona comunque mai la meraviglia di vedere la costruzione procedere e prendere forma giorno dopo giorno, tra mille insidie che vengono dal confronto tra la teoria disegnata sulla carta dei progetti e la fisicità dei materiali che si accostano e si completano. Al termine dell’opera niente di quello che è stato il procedimento della costruzione sarà più evidente, nessuno dei dubbi e dei mille interventi di aggiustamento conserveranno la sostanza del duro lavoro necessario per arrivare al risultato. Nessuna memoria conserverà per gli attori ( i tecnici, le maestranze) un degno ruolo. La storia dell’edificio sarà quella del suo utilizzo. Ma tutti noi, che qui abbiamo vissuto per molti mesi, a volte anni, saremo uniti dalla comune e privata esperienza professionale e umana.
“Il Cantiere, Forlì, ENAV Academy 2013” di Cristina Paglionico è animato da un’idea narrativa tematica con un forte ascendente artistico, vista la coerente ricerca estetica che caratterizza l’esercizio, condotto dall’autrice, di interpretazione soggettiva della realtà. Se l’opera “Flamenco” di Massimo Pascutti comunicava echi delle vacanze, il Cantiere di Cristina Paglionico ben rappresenta il lavoro che ognuno ha ripreso dopo la pausa estiva. Il concept fotografico, determinato sulle riprese condotte dal cellulare con Instagram, genera tratti dominanti con la vignettatura e senso materico con i segni di fragilità posti ai bordi del supporto. I colori saturi caricano il senso dell’artificiale, di ogni oggetto che costituisce il Cantiere, e il cielo, così ampiamente composto nelle immagini, conferisce un’atmosfera metafisica dal tempo sospeso ad ogni azione e scenario. L’ultima immagine del caffè offerto ci riporta a diretto contatto con la trama esistenziale del carpentiere.
Sì mi piace molto questo post di Cristina,non ho esperienza di immagini scattate con cellulare Instagram, ogni volta che mi ritrovo a visionare i lavori di qualcuno che lo ha fatto mi attirano molto,sopratutto per l’atmosfera irreale e metafisica come dice il direttore una atmosfera sospesa,dettata sopratutto dalla scelta degli elementi,dal taglio dai colori dialoganti fra loro.
Ho visto e rivisto il lavoro di Cristina, apprezzando ogni volta di più il gusto compositivo dell’autrice pur su un tema che in realtà non si presterebbe a molti voli creativi. Ma qui sta il merito dell’autrice: aver reso piacevole e intrigante, una realtà che potrebbe sembrare a prima vista asettica e arida. L’uso creativo di Instagram ha poi completato questa operazione rendendo i colori saturi al punto giusto. Brava! ottimo lavoro!
Grazie al Direttore e grazie ai commentatori. Non sono avvezza all’esposizione delle mie foto ed è stata per me una bella emozione essere ospitata nel blog di Agorà. Ma scrivo anche per una piccola precisazione. Uso Instagram per la condivisione delle foto. Si tratta di un social network oramai diffusissimo che permette anche (prima dell’immissione in rete) lo scatto e l’elaborazione delle foto tramite filtri predisposti. Si vedano gli interessanti articoli che l’amico Attilio Lauria sta scrivendo in questo mesi su FOTOIT. Tuttavia queste foto non sono targate Instagram: sono state scattate con Iphone tramite l’applicazione Hipstamatic, che consente l’uso di pellicole ed obiettivi virtuali. Solo qualche foto è stata condivisa, le altre fanno parte del progetto collettivo che il mio circolo ha denominato ViaggioInRomagna, per rappresentare la storia e la contemporaneità del nostro territorio. L’uso del cellulare come fotocamera mi è congeniale (forse soffro nella necessità del maggiore disimpegno possibile al momento dello scatto? Forse si!), ma in questo caso è stato anche l’unico modo per fotografare senza modificare troppo il mio ruolo in cantiere (le gerarchie in certi campi non sono opzionabili…). Hipstamatic mi ricorda l’immediatezza e la saturazione delle vecchie pellicole per Polaroid SX70, tanto amate ma mai da me domate. Poi il formato quadrato, essenziale ed elegante, la possibilità della cornicetta, che comunque ho tolto. Insomma c’è da meditare come l’utilizzo di queste tecniche (non si possono più definire nuove oramai) siano un passo verso il futuro e allo stesso tempo soluzione di continuità che sfrutta e amplia l’enorme potenziale espressivo delle pellicole SX70 (queste si)mai più utilizzabili ….
Un altro bel “tassello” dalla mostra “Viaggio in Romagna”, che ribadisce l’importanza storica di questo tipo di progetti, testimoniata attraverso la personale e sentita interpretazione di quanti hanno partecipato.
Fotografare con uno smartphone consente a mio avviso di conservare e successivamente trasmettere efficacemente l’istintività del gesto, del “colpo d’occhio”, in un processo di sintesi che rende ogni immagine un’icona, quasi un “logo” ricco di significati e “significanti” che mantengono tuttavia la “freschezza” del momento di ripresa, lo “spirito libero” che ha motivato e generato il click.
Il successivo (o anche istantaneo) filtro applicato, è un’ulteriore riflessione che l’autore opera per una miglior rappresentazione del proprio sentimento, ma anche un desiderio di quella “manualità operativa di camera oscura” che oggi ben difficilmente riusciamo a sperimentare ancora.