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“At Twelve” di Sally Mann – Seconda parte, a cura di Isabella Tholozan

“At Twelve” di Sally Mann – Seconda parte, a cura di Isabella Tholozan

Tematica

La scrittrice americana Ann Beattie, nell’introduzione dell’opera, scrive: “Queste ragazze vivono ancora in un mondo innocente, dove una posa è solo una posa fotografica e nient’altro, è ciò che gli adulti possono fare di una posa, il vero problema”.

La conseguenza di questo equivoco è reale, apportatrice di miseria, abusi e violenze.

Ed ecco che i ritratti sono accompagnati dalle vere storie delle protagoniste, scritte per dare più forza al concetto, spesso vilipeso, d’infanzia.

Il passaggio dall’età infantile a quella adulta è rappresentato attraverso quel travaglio psicofisico che è l’adolescenza, s’intuisce che per le giovanissime protagoniste niente è nascosto, perché a dodici anni si ha ancora il diritto di essere bambini, anche se il corpo e lo sguardo rivelano altro.

Questa confessione è narrata con grande capacità dall’autrice la quale affronta tabù difficili per un paese dove la maggioranza difende uno stile di vita ancora vincolato alla morale cattolica, dove a “dodici anni” ci si avvia all’età adulta attraverso quei riti femminili di passaggio tipici della borghesia americana.

E’ proprio in queste situazioni che emergono in maniera drammatica le diversità sociali, culturali e razziali, per colpa delle quali l’adolescenza è relegata a breve parentesi, prevaricata da soprusi inflitti e dalle fatali conseguenze.

Ci racconta di vite segnate da gravidanze precoci, d’incesti e violenze familiari, di tentati suicidi oltre che di vite cosiddette “normali”, scandite dai tradizionali riti di passaggio tra l’infanzia e la vita adulta, dove retaggi culturali legano ancora profondamente le persone al proprio passato familiare, dove nonne e nipoti portano ancora lo stesso nome, anche se in realtà tanto è cambiato.

Le immagini sembrano solo attimi rubati a una quotidianità quasi banale, dove gli sguardi, sempre puntati sull’osservatore, appaiono assorti ed enigmatici, sovente venati da una malinconia distante dalla spensieratezza che la gioventù dovrebbe avere.

Poetica

La fotografia di Sally Mann può dirsi inopportuna, così com’è stata definita a suo tempo la “rivoluzione impressionista” che smise di ritrarre soltanto dei volti, iniziando così a scavare la psicologia del soggetto al fine di raffigurare e interpretare l’animo umano attraverso la pittura.

Adesso come allora la rappresentazione coinvolge emotivamente anche l’artista che inevitabilmente entra a far parte dell’opera attraverso la personale poetica.

Leggere le opere di Sally Mann è come intraprendere un lungo viaggio, passo dopo passo si entra in un universo intimo di vite appena sbocciate, raccontate attraverso testimonianze raccolte con empatica sensibilità, senza giudizio alcuno.

Le immagini appaiono in alcuni casi teatralmente ricostruite con evocazioni storiche, particolari simbolici che accompagnano l’osservatore all’interno delle storie narrate, suggeriscono indizi e richiamano emozioni intime e segrete.

Altre volte si ha la sensazione di guardare vere e proprie istantanee, laddove la forza dello sguardo delle protagoniste ribalta magistralmente la situazione; l’osservatore diventa osservato, scrutato e interrogato sul perché delle cose.

I connotati surreali e le forzature di alcune rappresentazioni non fanno altro che confermare la particolare scelta poetica della Mann, sempre volta a evidenziare gli opposti dell’umana esistenza e il loro mistero.

Conclusioni

Ritengo Sally Mann artista completa, dal lessico profondo, ricca di rimandi culturali che implicano linguaggi che vanno oltre l’immagine fotografica e che attraversano la letteratura, la pittura, finanche estendersi verso una precisa cinematografica d’autore, come “La via del tabacco” di John Ford (1941) e “La morte scorre sul fiume” di Charls Laughton (1955).

Una grande affinità lega Sally Mann a Lewis Carroll, poeta famoso e sconosciuto fotografo, il quale attraverso le sue immagini visse innumerevoli volte il paradosso della morte del soggetto e la sua resurrezione, al di là dal reale, l’arresto del tempo, la presenza di ciò che è assente e l’assenza di ciò che è presente “come ladri, noi fotografi, ci troviamo ovunque, non siamo desiderati, tradiamo segreti che nessuno ci confida, spiamo senza vergogna ciò che non ci riguarda e, a lungo andare, ci troviamo possessori delle ricchezze di un mondo che abbiamo depredato”.

Il fascino del mondo infantile, così pericolosamente perseguito da Lewis Carroll, trova invece giustizia nelle opere di Sally Mann, consegnandogli voce e mostrando al mondo quanto può essere bugiardo e violento il mondo degli adulti.

Non sono depredate le vite raccontate in “At Twelve” , ma “espresse” con chirurgica precisione, tanto deve Sally Mann alle dodicenni che le hanno aperto la porta di casa e non solo.

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2 commenti

  1. Con questa Seconda parte di “At Twelve” di Sally Mann si conclude lo studio condotto da Isabella Tholozan su questo importante libro fotografico che visto oggi, a quasi 20 anni dalla sua realizzazione, è ancora in grado di aprire la nostra coscienza verso tanti aspetti dei rapporti generazionali e sopratutto del rapporto di genere, attualmente tristemente portato alla cronache italiane dal femminicidio.
    E’ un libro importante per la capacità di portare la fotografia dentro alla vita reale, nelle infinite diverse trame esistenziali.
    E’ un libro importante perché anticipatore nel dimostrare di cosa la fotografia può parlarci, e come lo può fare. Isabella Tholozan ci ha dato notevoli elementi per comprenderne gli ampi significati e per stimolare le nostre ricerche.

  2. Ho atteso con interesse l’uscita della seconda parte della recensione di Isabella Tholozan sul libro di Sally Mann “At Twelve”: la sua è una analisi lucida e molto interessante dell’opera della fotografa americana che ha rivolto il suo obbiettivo sulle giovani ragazze(donne?) delle campagne del Sud degli Stati Uniti. Sono sguardi già induriti dalla vita, dalle esperienze, a volte anche scioccanti, già provate, che riportano alla mente i romanzi della grande depressione americana e le foto di Dorothea Lange. Un grande ringraziamento quindi a Isabella per averci dato modo di conoscere, o per chi già conosceva questa autrice,di riapprezzare le sue bellissime e intense fotografie.

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