ArchivioDai tavoli di portfolio

ON THE BORDER – di Pietro Giliberti, Antonella Messina, Francesca Maria Tobia.

 
 
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Nel linguaggio teatrale Retropalco e Palco sono due termini essenziali di un binomio inscindibile per la perfetta riuscita di un’opera. Il primo è pragmatico, il secondo è la conseguente realtà dell’apparire, della finzione narrativa. In questo portfolio, si vuole rispecchiare, simbolicamente, la divisione fisica tra “palco” e “retropalco”, luoghi scenici che separano due diverse modalità di interpretazione, ma che si alternano continuamente, susseguendosi ed intrecciandosi, e che non possono esistere l’uno senza l’altro.
L’opera lirica non è fatta solo di luci e riflettori, sotto gli occhi degli spettatori, ma anche di una dimensione indispensabile del fuori scena, che è molto varia e gioca un ruolo di straordinaria importanza. Tale dimensione è sì molto limitata, tanto che a volte diventa parte integrante con il palco ed essi stessi si trasformano in un unico spazio scenico annullando questa dicotomia, dove l’oscurità e la luce, il finito e l’infinito spazio – temporale sono i protagonisti assoluti al servizio di un unico scopo: il trasporto emotivo degli spettatori.
I personaggi di questa complessa realtà sono i protagonisti “on the Border”. Anno di realizzazione 2017
 
Note sugli autori.
Pietro Giliberti, Antonella Messina e Francesca Maria Tobia. Nati a Trapani, i primi due architetti e la terza ingegnere. Il nostro percorso fotografico, comune e condiviso, ha avuto inizio nel 2014. Negli anni abbiamo partecipato a workshop, a letture portfolio, a concorsi fotografici nazionali. Abbiamo fondato un’associazione culturale. Teniamo corsi base di fotografia e organizziamo progetti fotografici che portiamo in mostra annualmente nel nostro territorio. Dal 2015 Antonella e Francesca gestiscono uno studio fotografico.
 
 

ON THE BORDER

di Pietro Giliberti, Antonella Messina, Francesca Maria Tobia.

 

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4 commenti

  1. “On the border”, di Gilberti – Messina – Tobia, è un’opera animata da un’idea narrativa tematica per la narrazione soggettiva di un’Opera lirica.
    La foto di scena presenta le sue difficoltà che sono sia di ordine tecnico, per gli alti contrasti, che linguistico nel riuscire a formulare un significato coerente nella singola immagine e nella sequenza.
    Il digitale aiuta tantissimo nel risolvere i problemi creati dagli spot luminosi e la penombra, il risultato è di buon livello anche per la consapevole scelta tonale in post-produzione.
    Le immagini tendono all’icastico nel mostrare le rappresentazioni simboliche che sul palco sono state recitate.
    Interessante l’indagine spaziale del confine sottile tra backstage e scena, verso la quale gli autori hanno manifestato progettualità nella presentazione.
    Complimenti a Pietro Gilberti, Antonella Messina, Francesca Maria Tobia (che ho conosciuto a Trapani) e grazie per aver condiviso, dalla Sicilia, la loro esperienza di fotografia di scena.

  2. Guardando la sequenza di fotografie immagino i vari momenti che precedono l’entrata in scena degli attori che, dal retropalco, seguono lo scorrere dello spettacolo. Non ho mai recitato, ma mi viene da pensare ci sia sempre una certa tensione prima di andare in scena. Così questi angoli chiusi tra le quinte e degli attrezzi di scena, dominati dalla mancanza di luce, fanno da contrappunto alla luminosa apertura del palco, come il personale silenzio interiore che precede la recitazione fa da contrappunto al vestire i panni del personaggio e a dargli una sua voce. Questa sensazione di costante presenza di chi guarda, non visto dal pubblico, in attesa del suo turno per mostrarsi, è ben rappresentato in molte immagini dove compaiono oggetti in primo piano che ostacolano in parte la completa visione di quello che avviene sulla scena. Un lavoro molto interessate, complimenti.

  3. Non ho esperienze dirette di recitazione, ma credo che nella prima immagine si leggano le domande che assillano un attore ogni volta che entra in scena: “Se mi dimentico una battuta? Se non mi sentono? Se mi sentono troppo? Se non mi applaudono?” ecc.
    Per fortuna l’essere sul palco rompe ogni emozione e da lì inizia anche il lavoro di chi opera dietro le quinte: macchinisti, registi, tecnici, in perfetta sintonia con gli attori. Cosa accade dietro questo schermo non è dato a sapere agli spettatori, ai quali non interessa nemmeno, talmente sono incantati dallo spettacolo.
    Il lavoro proposto dagli autori gioca appunto su questo limite, con un bel gioco di rimandi al di qua e al di là delle quinte; sul palco sotto i riflettori e dietro in penombra, tra una sbirciata furtiva tra i sipari per controllare cosa accade in scena e una pausa di recitazione, in cui si scopre un attore alle prese con il cellulare.
    Decisivo l’utilizzo del bianco nero per enfatizzare l’atmosfera teatrale e concentrare l’attenzione su ciò che avviene sul palco.
    Lo spettacolo deve continuare.
    Complimenti agli autori.

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