Saggistica

“EQUIVALENZE” di MINOR WHITE _ Terza e ultima parte – a cura di Michele Di Donato

 

L’Equivalente quindi è un veicolo attraverso il quale i fotografi sono in grado di “trasmettere stati emotivi” agli spettatori delle loro fotografie. Sebbene gli spettatori potrebbero non provare gli stessi “stati di sentimento conosciuti” del fotografo, l’Equivalente può suscitare “stati di sentimento simile”.

 

 

Le fotografie sono quindi porte d’accesso a qualcos’altro; non possiamo negare il potere visivo di una fotografia e ciò che fa dentro di noi. Anche le brutte immagini o le immagini che non vogliamo ricordare, lasciano un impatto su di noi, e a volte è difficile liberarsi da quell’impatto. Col Principio di Equivalenza, le fotografie avviano conversazioni tra il fotografo e lo spettatore e fungono da mezzo per la suggestionabilità e la risposta.

Peraltro, il concetto di White della “fotografia come specchio” è stato, successivamente, ampiamente utilizzato da John Szarkowski nel volume “Mirrors and Windows: American Photography since 1960”. Questo libro è stato pubblicato per la prima volta nel 1978 come catalogo della omonima mostra al Museo d’Arte Moderna di New York (MOMA) e il successivo tour.

Al momento della sua prima pubblicazione Szarkowski era il Direttore del Dipartimento di Fotografia del MOMA, e nel catalogo indaga su quella che chiama “una dicotomia fondamentale” nella fotografia contemporanea: quella  tra chi pensa alla fotografia come mezzo di espressione di sé e chi la pensa come metodo di esplorazione.

 

 

Nell’analizzare questa dicotomia, e per aiutare a portare avanti la sua argomentazione, Szarkowski propone un teorico “singolo asse a due poli” e dispone a un’estremità i fotografi che concepiscono le loro fotografie attraverso l’espressione di sé, utilizzandole come “uno specchio”; dall’altra parte coloro che concepiscono le loro fotografie attraverso “l’esplorazione” utilizzandole come “una finestra” attraverso la quale si potrebbe conoscere meglio il mondo. Per Szarkowski, i due fotografi che incarnano al meglio questi due estremi sono rispettivamente Minor White e Robert Frank.

 

 

Concludo citando alcune sue frasi:

  • Non importa quanto sia lenta la pellicola, lo Spirito sta sempre immobile abbastanza a lungo per il fotografo che lo sceglie.
  • Lasciate che il soggetto crei la sua foto, diventate una fotocamera.
  • Io sto sempre fotografando tutto con la mente, come esercizio.
  • Lo stato mentale del fotografo che crea è il nulla, per chi pensasse si tratti di un vuoto statico, devo spiegare che è un vuoto molto speciale, attivo, molto recettivo pronto a cogliere  l’immagine…
  • Tutte le foto sono autoritratti.

Michele Di Donato

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