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Sta l’acqua a Giada Calamida come la versatilità alla sua fotografia. È un’equazione semplice che ha la sola incognita del caso, condizione di certo non trascurabile nell’arte dell’istantanea. E poi l’acqua è il suo elemento ideale: attraversa il territorio in cui vive con il fiume Adda e la richiama al mare della Puglia durante l’estate. È proprio durante quella appena trascorsa che realizza alcuni scatti davvero peculiari: in un contesto come quello della spiaggia caotica, Giada riesce a isolare pochi elementi che si prendono il primato dell’inquadratura e concentrano il nostro sguardo proprio lì, dove lei ha deciso. Sono pennellate di giallo, un vero e proprio raccordo tra la raffigurazione del colore, che diviene soggetto, e ciò che vi sta subito accanto.
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D’altronde due nonni pittori in famiglia sono un regalo ma anche un destino e Giada, nelle prime sperimentazioni artistiche, si cimenta proprio con i pennelli; sotto il loro scorrere dà vita a creazioni astratte dove il colore predomina sempre. Ma è nella fotografia che trova il canale espressivo ideale e la forte predisposizione per la street photography la spinge sempre a ricercare situazioni multiformi.
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I suoi ritratti sono contrasti: possono aprirsi attraverso un’ombra proiettata sul viso e svelare così un altro volto oppure socchiudersi tra le mani, quasi a proteggersi; sono cerchi proiettati per terra o rivolti al cielo nelle evoluzioni acrobatiche dei giocolieri; sono direzioni di viaggio oppure dissimulazioni in quelli di Cecilia Fumanelli, voce dei Dōna Flor.
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Con il portfolio fotografico “19” che prende vita durante la pandemia, Giada Calamida ci ammalia e ci pone dinanzi a svariati interrogativi. 19 per l’appunto, tanti quanti gli scatti realizzati e le storie narrate a partire proprio dall’anno funesto che tutti ricorderemo. Il taglio ricercatamente cinematografico ne fa un lavoro di grande impatto estetico e ci tira dentro alle solitudini di quei luoghi rimasti chiusi al pubblico per gli interminabili giorni che sono poi divenuti il titolo di ogni scatto. I centosessantacinque giorni dei tatuatori, i novantasei del pittore, i trecentosessanta di un insegnante alle prese con l’on-line, i novanta della biblioteca, sono quei “non-giorni” che appartengono anche a tutti noi, alla nostra memoria, alle nostre perdite.
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Come fa l’acqua così Giada scorre, si adatta, apre varchi e si insinua delicatamente, in perfetto equilibrio con il contesto. Giada che si incuriosisce, Giada che sperimenta, Giada che con il suo sguardo fluido ci restituisce veri e propri paesaggi fatti di storie e di persone, ognuna con il proprio bagaglio di vita vissuta e di sogni pronti da realizzare. E da scattare.
testo di Irene Vitrano
Per conoscere Giada Calamida su instagram e sul suo blog
Complimenti a Giada, che seguo sempre con interesse su Instagram. Bellissima l’idea e la realizzazione del portfolio.
grazie Paolo