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Francisco Boix: il “Fotografo di Mauthausen”.

“Nei lager c’era anche lui” e per farvelo conoscere prendo spunto proprio dal titolo del libro di Vincenzo Pappalettera, un “io c’ero” ricco delle testimonianze di chi riuscì a sopravvivere ai campi di sterminio nazista. Perché non è affatto facile un compito simile, specialmente quando le esperienze si vivono sulla propria pelle e poi, addirittura, tocca catalogarle.

Questo incarico riguardò anche Francisco Boix, un giovane militante nella Gioventù Socialista della Catalogna rifugiatosi in Francia durante la Seconda Guerra, dove venne catturato dai tedeschi nel 1941 e segregato nel Campo di Concentramento di Mauthausen fino alla liberazione dal regime nel 1945. Avendo avuto esperienza con la fotografia durante i combattimenti della Rivoluzione di Spagna, Francisco fu destinato al compito di assistente nel laboratorio fotografico della SS Oberführer Paul Ricken, per identificare, protocollare e archiviare l’immane quantità di efferate e immonde fotografie che l’ufficiale nazista produceva per documentare ogni genere di barbarie sui detenuti. Con determinazione e coraggio il giovane fotografo spagnolo riuscì a nasconderne circa duemila copie, a testimonianza delle condizioni nei campi, delle stragi di massa, della “scalinata della morte”. Quei 186 gradini che collegavano il lager con la cava di granito, dove gli internati lavoravano per la sua estrazione e che gli stessi percorrevano con pesanti zavorre sulle spalle a causa delle quali spesso scivolavano, finendo rovinosamente nel dirupo laterale, divorati dai cani o fucilati dalle SS.

Francisco Boix, matricola n° 5185
©Francisco Boix – Costruzione del campo di concentramento di Gusen
©Francisco Boix – La scala della morte di Mauthausen
©Paul Ricken – Cava di granito, visita della SS Hauptsturmführer Georg Bachmayer
©Paul Ricken – Il detenuto Hans Bonarewitz condannato a morte, sul carretto accompagnato da orchestrali

Le foto trafugate venivano portate fuori da Mauthausen con uno stratagemma, dopo essere state nascoste e consegnate a persone fidate che per qualche motivo lasciavano brevemente il campo per motivi di lavoro; furono conservate fino alla liberazione da parte degli americani, quando Francisco Boix potè recuperarle e consegnarle durante i Processi di Norimberga e di Dachau nel 1946, permettendo così di incastrare e condannare gli ufficiali nazisti che negavano il loro coinvolgimento nei campi di sterminio.

©Donald R. Ornitz – Liberazione del campo di concentramento di Mauthausen
Francisco Boix, testimone durante il Processo di Norimberga

Chi lasciava il proprio mondo per entrare in un campo di concentramento, ignaro di ciò che lo aspettasse, non lasciava più nulla di sé stesso, nessuna traccia, nessuna storia, come se non fosse mai esistito. Per questo Francisco Boix corse il rischio della sua stessa vita, minacciata quotidianamente assieme a quelle delle migliaia di deportati che invece vi morirono.

Il destino gli concesse in tutti i casi vita breve: la matricola n° 5185 si spense nel 1951 a Parigi a soli 31 anni a causa di una malattia renale contratta durante la prigionia a Mauthausen. Quel lager, beffardo, che in segno di crudo e buonista discernimento lo ribattezza proprio come il “Fotografo di Mauthausen”.

Testo di Irene Vitrano

 

Mercoledì 29 Gennaio alle ore 18.30 a Milano, presso la Casa della Memoria Milano, si svolgerà l’incontro con il fotografo Francesco CIto su “la Storia dietro le immagini: guerra e propaganda”.

Foto © Memoriale del Campo di concentramento di Mauthausen / Memoriale di Mauthausen / Foto in mostra presso la Casa della Memoria MIlano sul campo di Mauthausen, 1942

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