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Il Collettivo moltiplica le possibilità linguistiche di un progetto

Altro Collettivo dedito a generi diversi piuttosto che alla sola street è POLAROADS, al quale abbiamo posto le nostre consuete domande.

Attilio Lauria

Quali sono le motivazioni per cui avete deciso di fondare un collettivo e come si è formato?

Il Collettivo Polaroads è nato dall’interesse comune dei fondatori per la fotografia autoriale ovvero per l’interesse nei confronti dello studio, la produzione e la divulgazione della fotografia come strumento e fenomeno linguistico.

Avevamo l’esigenza di un confronto su temi che riguardano la fotografia, gli autori, le esperienze, personali e indirette; per diversi mesi ci siamo incontrati in modo molto spontaneo e, allo stesso tempo, sistematico, finché non abbiamo deciso di dar inizio al nostro progetto, strutturandolo incontro dopo incontro, attraverso ricerca, studio e scrittura, anche ascoltando l’opinione di alcuni autori riconosciuti della fotografia contemporanea italiana, con cui avevamo stretto relazioni negli anni.

 

Quali sono i vantaggi e le difficoltà di un collettivo?

Come vale in altri ambiti, anche a noi può capitare che qualcosa rappresenti un vantaggio o una difficoltà a seconda delle situazioni.

La caratteristica peculiare del Collettivo Polaroads è la molteplicità di visione.

È una risorsa enorme, un grande potenziale che moltiplica le possibilità linguistiche di un progetto. Questo vantaggio rischia di diventare una difficoltà se viene disperso, se le differenze di linguaggio diventano incoerenza narrativa. Per questo è necessario sempre lo studio, la ricerca, il confronto per far dialogare efficacemente i differenti sguardi degli autori.

 

Come si diventa membri del collettivo, qual è il processo di selezione?

 Per votazione del Consiglio Direttivo che valuta l’aderenza del candidato agli scopi associativi, agli obiettivi, e la  propensione a intraprendere “le strade fotografiche del Collettivo Polaroads”.

 

Pensate che internet abbia favorito la formazione dei collettivi? Che abbia cambiato la fotografia?

 Internet è uno strumento potente e l’uso che se ne può fare è ancora più vasto e incontrollabile.

Proprio questo aspetto ha profondamente modificato la produzione e la diffusione della fotografia soprattutto attraverso i social network.

Crediamo che il potenziale di internet nel favorire la formazione di collettivi sia solo “accennato”, in questo momento storico. Probabilmente il vero boom deve ancora avvenire. Siamo anche certi che non è assolutamente sufficiente la conoscenza virtuale dei collettivi per tenere in vita un collettivo. L’incontro, l’esperienza diretta, “il gesto” rimangono insostituibili per la completa espressione di ogni linguaggio.

 

I membri del collettivo si incontrano regolarmente faccia a faccia o solo on-line?

Entrambe le cose. Rimane fondamentale l’incontro diretto, che è scadenzato con regolarità, non solamente in base agli impegni contingenti del collettivo.

 

Qual è il genere di fotografia che prediligete?

Qui rientra la molteplicità di visioni, ogni membro del Collettivo Polaroads ha il suo genere preferito o l’espressione linguistica preferita: dalla fotografia giapponese, alla documentazione nel paesaggio, dal ritratto agli aspetti lirico – concettuali della fotografia.

 

Dalla proposta alla realizzazione, quali percorsi mettete in atto nella progettazione di un lavoro tematico?

Ricerca, studio, tanto lavoro!

Esiste una fase più libera e creativa che porta successivamente a quella tecnica di produzione. Alcune fasi sono realizzate individualmente per poi confluire nel lavoro esecutivo collettivo.

In ogni fase di realizzazione c’è sempre un momento di incontro per il confronto diretto: dalla ricerca all’editing, dalla progettazione dei layout alla stampa fine-art.

Crediamo che questi due momenti di lavoro, sia quello individuale che quello collettivo, siano ugualmente necessari ed influenti nella realizzazione di un progetto che esprima linguisticamente l’originalità di ognuno, in una narrazione unitaria.

 

Pensate di esprimervi  anche attraverso degli audiovisivi?

Lo abbiamo già sperimentato in due dei progetti prodotti, 42.334Nord, 13.334Est di Mario Capriotti e Chioma d’Acqua di Domenico Mirabella.

Troviamo che anche questo linguaggio sia intrigante e abbia un grande potenziale.

 

Quale consiglio vi sentiresti di dare a coloro che intendono costituire un proprio collettivo?

Essere molto motivati, avere un’idea molto chiara di ciò che si vuol realizzare e scegliere bene i compagni di viaggio. Impegno, costanza e talento faranno il resto!

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